Calo delle vaccinazioni pediatriche

Calo delle vaccinazioni pediatriche

di Cerba HealthCare Italia

L’allarme OMS riguarda anche l’Italia

Negli ultimi anni, il tema delle vaccinazioni in età pediatrica ha subito una trasformazione significativa. Un tempo considerate uno dei pilastri della sanità pubblica, le vaccinazioni stanno ora affrontando un periodo di incertezza e sfiducia.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente lanciato un allarme globale: milioni di bambini nel mondo non hanno ricevuto nemmeno le vaccinazioni di base, come quelle contro difterite, tetano, pertosse e morbillo.

Un fenomeno che si è accentuato con la pandemia da COVID-19, ma che continua a persistere anche oggi, ben oltre la fase emergenziale.

L’Italia non è esclusa da questa tendenza. Sebbene la nostra sanità pubblica sia solida e diffusa capillarmente, i dati mostrano che anche nel nostro Paese le coperture vaccinali infantili stanno subendo un progressivo calo.

Questo trend, se non affrontato con serietà e lungimiranza, potrebbe comportare il ritorno di malattie che pensavamo appartenessero al passato.

 

 

Il contesto globale

Durante il periodo pandemico, le vaccinazioni non legate al COVID-19 hanno subito un rallentamento significativo a causa delle restrizioni, della chiusura temporanea di ambulatori, della ridotta accessibilità ai servizi territoriali e, non da ultimo, della paura generalizzata verso le strutture sanitarie.

Ma a colpire, oggi, è che molte famiglie non abbiano ancora recuperato le vaccinazioni mancate, lasciando scoperti interi segmenti di popolazione pediatrica.

Le rilevazioni più recenti del Ministero della Salute mostrano infatti una diminuzione, anche se a tratti lieve, di copertura per diversi vaccini fondamentali, tra cui quello contro il morbillo, la parotite e la rosolia.

Si tratta di vaccini essenziali per mantenere alta l’immunità di comunità e prevenire focolai epidemici.

Alcune regioni italiane mantengono livelli soddisfacenti, ma in altre la copertura è sotto la soglia di sicurezza.

Questo squilibrio territoriale rischia di creare nuove disuguaglianze in ambito sanitario e di compromettere la protezione collettiva, soprattutto per i soggetti più fragili.

 

 

Tra disinformazione e fiducia compromessa

La diminuzione delle vaccinazioni non è soltanto una questione numerica o tecnica.

È lo specchio di un malessere più profondo, che coinvolge il rapporto tra cittadini e sistema sanitario, tra genitori e medici, tra informazione e percezione del rischio.

L’accesso alle informazioni sanitarie è oggi più ampio che mai, ma anche più confuso.

Le fonti attendibili faticano a farsi spazio in un panorama digitale dominato da contenuti virali, opinioni personali e vere e proprie campagne di disinformazione. In questo contesto, molti genitori si trovano disorientati, sottoposti a una quantità di stimoli contraddittori che alimentano dubbi e paure.

La sfiducia verso i vaccini spesso nasce da una comunicazione inefficace, impersonale, o percepita come imposta.

Eppure, è proprio su questo fronte che occorre agire con decisione: non basta ribadire l’importanza delle vaccinazioni, serve un dialogo più umano, empatico, capace di rispondere alle domande delle famiglie senza giudizio e con strumenti comprensibili.

 

 

Il ruolo del pediatra e del dialogo con le famiglie

Il pediatra, in questo contesto, rappresenta una figura centrale.

È il professionista che ha il contatto più diretto e continuativo con i bambini e le loro famiglie. La sua autorevolezza, unita a una comunicazione chiara e rispettosa, può fare davvero la differenza nel recupero della fiducia nei confronti dei vaccini.

Tuttavia, per svolgere efficacemente questo ruolo, è necessario che anche i pediatri siano messi nelle condizioni di lavorare con tempi adeguati, strumenti aggiornati e un supporto istituzionale costante.

Spesso, infatti, la carenza di personale e la pressione organizzativa ostacolano la possibilità di dedicare tempo all’ascolto e alla spiegazione. Eppure, è proprio da lì che può partire un cambiamento: da un dialogo costruttivo, in cui il medico non impone ma guida, non semplifica ma accompagna.

 

 

Riconquistare terreno: strategie e soluzioni

Per invertire la rotta, è necessario un impegno collettivo e multidimensionale.

Le campagne istituzionali devono tornare a parlare con linguaggio diretto, efficace e vicino alle esigenze delle persone. I centri vaccinali dovrebbero essere più accessibili, anche attraverso orari estesi, sportelli mobili e soluzioni flessibili.

Le scuole, da parte loro, possono diventare luoghi di educazione sanitaria, coinvolgendo i bambini e le famiglie in progetti di sensibilizzazione ben strutturati. Ma soprattutto, occorre ribadire un principio fondamentale: la vaccinazione è un diritto e una responsabilità.

Vaccinare significa proteggere i propri figli, ma anche contribuire alla sicurezza di tutta la comunità.

Significa evitare che malattie evitabili tornino a circolare, mettendo in pericolo chi, per motivi di salute, non può ricevere l’immunizzazione.  La protezione collettiva non si costruisce con la somma di decisioni individuali disinformate, ma con un patto sociale basato sulla fiducia, sulla scienza e sulla solidarietà.

 

 

Vaccinazioni pediatriche: un diritto e una responsabilità

Il richiamo dell’OMS non va ignorato né sottovalutato.

Il rischio non è solo sanitario, ma anche culturale: perdere l’abitudine alla prevenzione significa allontanarsi da una visione di salute pubblica fondata sulla responsabilità condivisa. L’Italia ha già vissuto momenti critici in passato, come nel 2017, quando il calo delle vaccinazioni portò a un’impennata di casi di morbillo. Da quell’esperienza abbiamo imparato che la vigilanza non può mai venire meno. Ora, è il momento di rinnovare l’impegno, con azioni concrete e lungimiranti.

Riportare le famiglie nei centri vaccinali non è solo una questione di numeri: è un gesto di fiducia nel futuro.

 

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