Food Neophobia: quando il cibo sconosciuto fa paura 

Food Neophobia: quando il cibo sconosciuto fa paura 

di Dott. Sergio Carlucci

Ti sei mai trovato davanti a un piatto esotico, magari pieno di spezie mai sentite prima, o un alimento dal colore insolito, e il solo pensiero di assaggiarlo ti ha fatto storcere il naso?

Se la risposta è sì, potresti aver sperimentato un fenomeno chiamato food neophobia.

In italiano, potremmo tradurla come “paura del cibo nuovo” o “riluttanza verso alimenti non familiari”.

Non si tratta semplicemente di gusti personali o di una preferenza per la cucina della nonna: è un atteggiamento radicato che affonda le sue origini nella biologia, nella psicologia e, sorprendentemente, nella nostra evoluzione. 

Negli ultimi anni, questo argomento ha iniziato ad attirare l’attenzione non solo di nutrizionisti e psicologi, ma anche di chi si occupa di educazione alimentare, salute pubblica e persino marketing agroalimentare.

Comprendere cos’è la food neophobia, da dove nasce e come può influenzare la nostra salute è fondamentale, soprattutto in un’epoca in cui l’alimentazione sana e varia è un pilastro per il benessere e la longevità. 

 

Cos’è la food neophobia? 

La food neophobia è una tendenza psicologica a evitare alimenti nuovi o non familiari.

Nei bambini è un comportamento quasi universale e, in parte, evolutivamente sensato: durante l’infanzia, rifiutare ciò che non si conosce può ridurre il rischio di ingerire sostanze potenzialmente tossiche.

Tuttavia, quando questa resistenza si prolunga in età adulta e diventa rigida, può trasformarsi in un limite, condizionando negativamente la qualità e la varietà dell’alimentazione. 

Questa reazione non va confusa con il semplice “non mi piace”.

Chi è neofobico rispetto al cibo, spesso non arriva nemmeno ad assaggiarlo. Il solo aspetto, odore o nome dell’alimento può innescare un meccanismo di rifiuto, talvolta accompagnato da ansia, disgusto o disagio fisico. 

 

Le basi biologiche ed evolutive 

Dal punto di vista evolutivo, la food neophobia ha avuto un ruolo protettivo. In epoche in cui l’uomo non poteva contare su etichette nutrizionali o analisi chimiche, evitare cibi mai visti poteva significare salvarsi da un’intossicazione.

Il problema è che questa strategia di sopravvivenza, oggi, non è più necessaria, ma continua a influenzare i nostri comportamenti.

Il nostro cervello rettiliano è rimasto cauto e diffidente, anche se viviamo in un mondo dove gli alimenti sono controllati e sicuri. 

A livello neurobiologico, alcune ricerche suggeriscono che la food neophobia sia associata a una maggiore attivazione dell’amigdala, l’area del cervello coinvolta nelle risposte di paura e allerta.

Anche la genetica sembra giocare un ruolo: alcune persone sono semplicemente più predisposte a percepire i sapori in modo più intenso, soprattutto l’amaro, e ciò può renderle più riluttanti a provare nuovi cibi. 

 

Food neophobia e salute: un ostacolo nascosto 

Una delle principali criticità della food neophobia è il suo impatto sulla salute.

Chi è neofobico ha in genere una dieta più ristretta e meno diversificata. Questo comporta una ridotta assunzione di frutta, verdura, legumi, pesce e altri alimenti fondamentali per un’alimentazione equilibrata.

La monotonia nella scelta degli alimenti, nel lungo periodo, può tradursi in carenze nutrizionali, aumento del rischio di malattie croniche e scarso benessere intestinale, data la limitata diversità di fibre e nutrienti. 

Inoltre, la food neophobia può ostacolare l’adesione a regimi dietetici salutari come la dieta mediterranea o quella plant-based, che puntano sulla varietà e sull’introduzione di alimenti non sempre familiari, come cereali integrali o fermentati.

In un’epoca in cui la nutrizione è anche prevenzione, questa chiusura verso il nuovo rischia di diventare un limite non solo culturale, ma salutare. 

 

Bambini, genitori e l’educazione al gusto 

La food neophobia si manifesta tipicamente tra i 2 e i 6 anni, un’età in cui i bambini iniziano a sviluppare una propria autonomia anche nelle scelte alimentari.

In questo periodo, il rifiuto di nuovi alimenti è fisiologico, ma se non viene affrontato con pazienza e strategie adeguate, può cronicizzarsi. Il ruolo dei genitori è cruciale.

Offrire più volte lo stesso alimento, senza forzature, integrarlo in preparazioni familiari e rendere il momento del pasto sereno sono alcune delle azioni più efficaci per superare la neofobia alimentare infantile. 

Curiosamente, anche i comportamenti dei genitori influenzano il livello di food neophobia nei figli. Genitori molto selettivi o ansiosi a tavola trasmettono spesso questi atteggiamenti ai bambini, alimentando un circolo vizioso.

Educare al gusto richiede tempo, ma è un investimento a lungo termine sulla salute delle nuove generazioni. 

 

Food neophobia e longevità: un legame indiretto ma potente 

Chi parla di longevità e prevenzione delle malattie non può trascurare l’importanza di una dieta varia e ricca di nutrienti.

La neofobia alimentare, riducendo la varietà e la quantità, può portare a carenze nutrizionali e ostacolare l’assunzione di sostanze protettive come antiossidanti, polifenoli, vitamine e acidi grassi omega-3.

In questo senso, l’atteggiamento mentale verso il cibo diventa un fattore determinante, tanto quanto le calorie o i macronutrienti. 

Uno studio pubblicato su Appetite ha mostrato come gli adulti con alti livelli di food neophobia consumino meno frutta e verdura e abbiano, in media, una qualità della dieta inferiore.

A lungo termine, questa resistenza al nuovo si traduce in un rischio aumentato di disturbi metabolici, infiammazione cronica, diabete e declino cognitivo. 

 

Superare la neofobia: si può fare 

La buona notizia è che la food neophobia non è una condanna a vita.

È una tendenza modificabile, specialmente se affrontata in modo graduale e consapevole. Il primo passo è riconoscerla.

Il secondo è iniziare ad allenare il cervello all’esposizione progressiva. Pertanto, anche solo annusare un alimento nuovo, toccarlo, vederlo cucinato da altri o abbinarlo a un piatto familiare sono piccoli esercizi che aiutano a superare la diffidenza. 

Pertanto, sebbene la neofobia alimentare è un comportamento spesso naturale soprattutto nei bambini, può avere un impatto sulla salute a lungo termine se non gestita correttamente.

Promuovere un’alimentazione bilanciata e varia fin dalla giovane età, è fondamentale per garantire una buona salute e potenzialmente una maggiore longevità.

L’approccio cognitivo-comportamentale, spesso utilizzato in psicoterapia, si è dimostrato utile anche in questi casi particolari: si lavora sulla riduzione dell’ansia legata all’ignoto, sull’abitudine alla novità e sulla ristrutturazione delle convinzioni disfunzionali (“non mi piacerà mai”, “potrebbe farmi male”).

 

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