Il ritorno alla quotidianità: strategie per ripartire

Il ritorno alla quotidianità: strategie per ripartire

di Dott.ssa Maud Fraboul

Tornare alla routine dopo le vacanze non è mai solo una questione pratica di valigie da disfare o di agende da aggiornare. C’è molto di più in gioco: un intero processo psicologico e fisico di adattamento che richiede consapevolezza e gentilezza verso sé stessi.

Dopo giorni o settimane vissuti fuori dagli schemi, tra relax, scoperta e libertà, rientrare nel contesto strutturato della vita quotidiana può apparire faticoso, quasi alienante.

Molto spesso il corpo rientra prima ma la mente fatica a riadattarsi: resta altrove, in quel limbo sospeso tra nostalgia per ciò che si è vissuto e il peso dei doveri che ricominciano.

 

Un fenomeno biologico, non un capriccio

La difficoltà nel rientro non è un capriccio, né una semplice “svogliatezza”. È biologia.

Le neuroscienze ci spiegano che il passaggio da un contesto rilassato e stimolante, come quello delle vacanze, ad uno più rigido e strutturato attiva nel cervello un vero e proprio “allarme adattivo”. Il cambiamento di contesto provoca una diminuzione degli stimoli dopaminergici, ovvero quelli legati alla motivazione e alla gratificazione. Questo improvviso calo può generare irritabilità, stanchezza, mancanza di energia e di motivazione.

Uno studio pubblicato su Cognitive, Affective & Behavioral Neuroscience ha dimostrato che, dopo un periodo di libertà e novità, la motivazione può crollare se viene meno la percezione di scelta.

Dunque, il problema non è la routine in sé, ma la sensazione di essere tornati dentro uno schema imposto.

 

Il Ruolo del Digitale: Una Disconnessione Nascosta

A complicare ulteriormente il ritorno alla vita quotidiana, c’è l’assuefazione digitale.

Durante le vacanze spesso si aumenta l’uso dei social per condividere momenti, restare connessi o semplicemente per distrarsi.

Tuttavia, questi strumenti spostano l’attenzione verso l’esterno, riducendo la nostra capacità di ascolto interno e intorpidendo la presenza mentale.

Il rientro, quindi, non è solo una sfida di orari e impegni, ma una vera e propria riconnessione con sé stessi.

Occorre, in un certo senso, “svegliarsi”: non solo per dovere, ma per tornare a vivere da protagonisti, e non come spettatori della propria esistenza.

 

L’illusione della routine perfetta

Nel tentavo di reagire alla disorganizzazione post-vacanza, molti, spinti da buoni propositi, reagiscono imponendosi nuove regole, come diete, efficienza e ordine.

Oppure si affidano a programmi standardizzati trovati sui social o consigliati da influencer: sveglia all’alba, meditazione, sessioni di workout, smoothie, e così via

Ma attenzione: seguire un copione che non rispecchia i propri bisogni autentici può diventare controproducente.

Se una routine ci fa sentire esecutori passivi e non protagonisti attivi della nostra vita, il rischio è di accumulare frustrazione e senso di inadeguatezza.

La Self-Determination Theory, elaborata da Deci & Ryan, ci ricorda che il benessere psicologico si fonda su tre pilastri fondamentali: autonomia, competenza e relazioni significative.

Se questi ingredienti mancano, qualsiasi tentativo di “ripartire con il piede giusto” non sarà funzionale.

 

Strategie per un rientro soddisfacente

La vera chiave non è rincorrere la perfezione, ma coltivare la presenza.

Anche piccoli gesti possono fare la differenza.

Ecco alcune strategie semplici e fondate su evidenze scientifiche per un rientro gratificante:

Ritualizzare i gesti quotidiani

Iniziare la giornata con un piccolo rituale come, ad esempio, una colazione fatta con calma, senza telefono, può diventare un momento di radicamento. I rituali riducono l’ansia e attivano il sistema parasimpatico, favorendo il rilassamento (Kaptchuk, Harvard).

Riconoscere l’autoefficacia

Secondo Albert Bandura, avere la percezione di “essere competente” e di “potercela fare” è un predittore importante del benessere psicologico. Ogni piccola vittoria quotidiana va celebrata e non deve essere ignorata o data per scontata.

Variare gli stimoli

Cambiare strada per andare al lavoro, ascoltare una playlist nuova, aggiungere un dettaglio creativo, sono piccoli cambiamenti che spezzano la monotonia e stimolano la neuroplasticità.

Seguire il proprio ritmo biologico

Ogni persona ha un proprio cronotipo: c’è chi è naturalmente mattiniero e chi funziona meglio nelle ore serali. Forzarsi a vivere secondo ritmi non propri può ridurre la concentrazione e aumentare il rischio di burnout (Randler et al., 2010).

Coltivare relazioni reali

Una conversazione autentica, anche breve, migliora il tono dell’umore molto più di decine di interazioni virtuali (Harvard Study of Adult Development).

Organizzarsi per valori

Non pianificare la tua giornata solo in funzione dei doveri. Se per te sono importanti la cura, il movimento, la creatività o la lentezza, riservagli uno spazio concreto nella giornata. Vivere allineati con i propri valori genera benessere duraturo.

Cambiare la propria narrazione

Il modo in cui parli di te stesso ha un impatto reale sul tuo stato emotivo. Secondo la Narrative Therapy (White & Epston), cambiare la narrazione personale, scegliendo parole più incoraggianti, può modificare radicalmente la percezione di sé.

 

Non Serve Essere Perfetti, Basta Essere Presenti

In un’epoca in cui si tende a idealizzare il controllo, la produttività e l’efficienza, è importante ricordare che non siamo macchine.

Non siamo tutti uguali, non dobbiamo assomigliare a qualcuno o essere perfetti.

Basta essere consapevoli e presenti per sentirsi molto più felici.

 

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