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Reflusso gastroesofageo: come si cura

Il Dott. Ferruccio Rossi, Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, spiega come si può curare il reflusso gastroesofageo

reflusso gastroesofageo

Di Dott. Ferruccio Rossi

Che cos’è il reflusso gastroesofageo?

Acidità e bruciore di stomaco. Spesso li associamo a pasti troppo abbondanti e ricchi, all’eccesso di bevande alcoliche e, comunque, a una cattiva digestione.

Sono però sintomi che si accentuano in particolari momenti dell’anno: in autunno e in primavera, ovvero nei cambi di stagione, più facilmente possiamo avere questi fastidi. Sottovalutarli non è mai positivo, perché accanto a quella che, molto banalmente, può essere ricondotta a una cattiva digestione, ci sono gastriti e vere e proprie malattie, come quella da reflusso gastroesofageo (MRGE). È questa una patologia spesso non particolarmente grave, ma che è bene tenere sempre sotto controllo medico per limitare il fatto che possa degenerare in altre e più gravi situazioni, ma anche peggiorare la qualità della vita. 

La malattia da reflusso gastroesofageo è un insieme di sintomi dovuti al patologico refluire di parte del contenuto gastrico, liquido o gassoso, nell’esofago. Di norma, questo non dovrebbe avvenire perché quando mangiamo, l’esofago, aiutato dalla forza di gravità e da una serie di movimenti ritmici, dovrebbe far scendere il cibo deglutito verso il basso per farlo arrivare direttamente nello stomaco.

A regolare questo “traffico” c’è lo sfintere esofageo inferiore, una speciale valvola muscolare che non solamente si apre per consentire il transito del cibo, ma che richiudendosi impedisce di fatto la risalita verso l’alto dei succhi acidi che sono presenti nello stomaco. E questo “ritorno” provoca irritazione della mucosa esofagea (sintomi tipici); irritazione del cavo orofaringeo e delle alte vie respiratorie, con o senza lesioni macroscopicamente evidenti (sintomi atipici).

Le persone colpite non sono poche: gli studi parlano di una percentuale che oscilla tra l’8 e il 33% della popolazione occidentale. Quindi possiamo riscontrare questi sintomi in quasi una persona su tre.

Cause e diagnosi

Le cause sono diverse e di differente origine. La maggior parte è legata al cibo che mangiamo e, in generale a ciò che ingeriamo. Ad esempio l’eccesso di cibo, ma anche l’obesità, il consumo eccessivo di alcolici e il consumo di farmaci gastrolesivi sono tra le cause più comuni. Oltre a queste, ci sono anche fattori legati allo stress e agli stili di vita, come la sedentarietà. Non ultimi, i fattori anatomici quali l’ernia iatale.

Tutte queste, oltre a provocare il classico bruciore, ma anche un dolore gravativo retrosternale che mima l’infarto miocardico, possono portare a tosse, asma, disfonia, raclage, bruciore della lingua, nonché a una aumentata incidenza di carie dentarie. 

La diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo è clinica e in alcuni casi deve essere completata con esami specifici di approfondimento (esofagogastroduodenoscopia, RX prime vie digestive, pH impedenziometria delle 24 ore, manometria esofagea). Oltre ad avere un andamento episodico, esacerbandosi nei cambi di stagione, questa malattia può però cronicizzare quando non si correggono tempestivamente i fattori che la determinano. 

ferruccio rossi

Dott. Ferruccio Rossi, Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva

L’importanza di uno stile di vita sano

La terapia più importante è quella non farmacologica. L’adozione di uno stile di vita corretto è un toccasana: fare del movimento quotidiano, non solamente per limitare la sedentarietà, ma anche per correggere un eventuale eccesso di peso corporeo, è decisamente salutare.

Qualche accortezza è necessaria anche a tavola: una moderazione alimentare è fortemente consigliabile, possibilmente evitando il consumo eccessivo di pietanze fritte e grasse, di quelle particolarmente piccanti e limitando gli alcolici. Utile è non fare la pennichella subito dopo aver mangiato, ma attendere almeno un’ora.

Da non dimenticare che elementi quali il fumo e abiti particolarmente stretti in vita possono accentuare il problema. Non ultimo il fattore stress: per quanto possibile, avere una vita un po’ più tranquilla e meno frenetica è un buon aiuto nel migliorare la situazione di reflusso.

Nei casi più compromessi viene prevista una terapia farmacologica che non è esaustiva di per sé, ma di supporto a quella comportamentale. Si punta a ridurre l’acidità gastrica con antisecretivi e antiacidi che aumentano il pH, alginati che con effetto barriera riducono fisicamente il reflusso, procinetici che accelerano lo svuotamento gastrico.

Anche se spesso i pazienti che soffrono della malattia da reflusso gastroesofageo trovano più semplice assumere la terapia farmacologica in cronico, escluse particolari situazioni (esofago di Barrett, stenosi peptiche, ernie iatali di grandi dimensioni chirurgicamente non correggibili), il ricorso ai farmaci deve essere on-demand e non oltre 4-8 settimane, pena l’alterazione dei processi digestivi e relativo malassorbimento di nutrienti: ferro (anemia), calcio (osteoporosi), vitamine.

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