L’acronimo TAO indica la Terapia Anticoagulante Orale, un trattamento che rientra tra le terapie più prescritte nella pratica clinica.
Costituisce un trattamento di grande e crescente importanza per la cura e la prevenzione delle malattie trombotiche e della patologia vascolare in genere.
Si tratta di una terapia salva-vita che oggi coinvolge circa l’1.5 % della popolazione generale in Italia ed è indispensabile e non sostituibile in numerose condizioni cliniche, di durata prolungata, spesso per tutta la vita.
Vista la durata del trattamento (di solito a lungo termine o appunto, anche per tutta la vita), la gestione ottimale della terapia anticoagulante orale deve coinvolgere l’interazione continua tra il medico e il paziente e deve essere gestita in Ambulatori dedicati chiamati Centri o Ambulatori TAO.
TAO: negli ultimi anni
Negli ultimi anni si è osservato un aumento della prevalenza delle patologie con indicazione alla terapia anticoagulante, dovuto a vari fattori come l’innalzamento della vita media della popolazione, il miglioramento degli iter diagnostici, una migliorata capacità di diagnosi precoce e una maggior appropriatezza prescrittiva del medico.
Perché sottoporsi alla Terapia Anticoagulante Orale?
Scopo fondamentale di questa terapia è quello di deprimere, in modo controllato e reversibile, la coagulabilità del sangue per ottenere la massima protezione possibile dagli incidenti tromboembolici con il minimo rischio di emorragie.
Il processo di coagulazione del sangue
La coagulazione è un processo di difesa messo in atto dall’organismo per limitare la perdita di sangue, mediato dai fattori di coagulazione e dalle piastrine.
Ad esempio, quando ci procuriamo una ferita, i fattori della coagulazione interagiscono con le piastrine, evitando che il sangue continui a fuoriuscire dalla ferita.
Equilibrio e Rischi nel Processo Coagulativo
La coagulazione del sangue è un complesso processo fisiologico che ci difende dall’emorragie, ma che comporta anche un grande grado di controllo tra la formazione del coagulo e la sua “dissoluzione”.
Infatti, se non ci fosse qualcosa che prima avvia, quindi modula e infine blocca e risolve il processo coagulativo, quando questo non è più utile, rischieremmo una trombosi diffusa o un’embolia sistemica.
Al contrario se i fattori che favoriscono la coagulazione non funzionassero bene, la bilancia si sposterebbe verso una tendenza alle emorragie, altrettanto pericolosa. Infatti, si descrive sempre questo equilibrio parlando di “bilancia emostatica”.
Anticoagulanti: Storia e Funzionamento
Anni fa, per aiutare in tutte le situazioni in cui questa “bilancia” poteva essere alterata con un’eccessiva coagulazione del sangue, esistevano solo alcuni farmaci definiti Anti Vitamina Kappa (AVK) o dicumarolici.
Si tratta di farmaci che inibiscono la coagulazione del sangue in modo controllato e reversibile, mantenendolo più fluido e riducendo la formazione di trombi e coaguli all’interno dei vasi.
Questi ultimi hanno un’azione abbastanza complessa, impedendo che ben quattro dei numerosi fattori della coagulazione (II, VII, IX e X ) il Secondo, Settimo, Nono e Decimo, una volta prodotti dal fegato vadano resi attivi.
Per cui questi fattori ci sono e circolano nel sangue ma in forma non efficace per il processo coagulativo. L’azione degli AVK è quindi “indiretta”.
La vitamina K è richiesta dai fattori di coagulazione per essere attivati.
Gli anticoagulanti orali inibiscono l’azione di questa vitamina, rendendo il sangue più fluido. Scoperti per caso oltre settant’anni fa, vennero prima usati come veleno per roditori ma successivamente si scoprì che il loro effetto, se controllato e dosato, era assolutamente favorevole per curare o prevenire molte patologie.
