
Pubblicato il 26/09/2025
Lo scompenso cardiaco: una pandemia silenziosa
Lo scompenso cardiaco rappresenta oggi una vera pandemia silenziosa.
Colpisce milioni di persone nel mondo, spesso in modo subdolo, favorito dall’invecchiamento progressivo della popolazione e da stili di vita poco salutari.
Si tratta di una condizione cronica in costante aumento, di cui si parla troppo poco, e quasi sempre troppo tardi, quando i sintomi si sono già manifestati o le condizioni cliniche sono avanzate.
Quando il cuore non ce la fa più
Lo scompenso cardiaco è l’incapacità del cuore di pompare sangue a sufficienza per soddisfare le esigenze dell’organismo.
È un cuore che “non ce la fa più”, ma che spesso lotta per anni, cercando di compensare il deficit funzionale finché, a un certo punto, cede.
A quel punto il paziente inizia a manifestare segni come fiato corto, affaticamento anche per sforzi lievi, gonfiore alle gambe o palpitazioni.
Ma è importante sapere che lo scompenso può essere presente anche in assenza di sintomi evidenti, e questo lo rende ancora più insidioso e pericoloso.
Come si valuta la gravità
Per valutarne la gravità usiamo la classificazione NYHA, che va dalla classe I, in cui il paziente è asintomatico, alla classe IV, in cui i sintomi si manifestano anche a riposo.
Esiste inoltre una distinzione tra scompenso sistolico, in cui il cuore non riesce a contrarsi in modo efficace, e diastolico, quando il cuore non si rilassa e non si riempie correttamente.
Entrambe le forme, se non diagnosticate e trattate per tempo, possono evolvere verso situazioni cliniche molto serie.
Le cause principali
Le cause principali di scompenso sono ben note e in larga misura prevenibili.
L’ipertensione arteriosa è tra le più comuni: costringe il cuore a un lavoro costante ed eccessivo, che alla lunga lo affatica. Il colesterolo LDL -cosiddetto “colesterolo cattivo”- favorisce la formazione di placche aterosclerotiche che ostacolano il flusso sanguigno.
Il diabete, spesso privo di sintomi per anni, danneggia vasi, nervi e cuore. Il fumo, l’obesità – ancora sottovalutata come problema medico – e la sedentarietà aggravano il quadro clinico. Anche lo stress cronico incide pesantemente sulla salute cardiovascolare, alterando l’equilibrio neuroendocrino e favorendo l’aumento della pressione arteriosa.
Il ruolo delle infezioni
A questi fattori si aggiungono anche le infezioni virali, come l’influenza stagionale o il COVID-19, che possono provocare infiammazioni a livello del miocardio o del pericardio, evolvendo in quadri di scompenso acuto.
La prevenzione è decisiva
Per questo la prevenzione è decisiva.
Non bisogna aspettare di sentirsi male per fare controlli. In ambulatorio inizio sempre da un’anamnesi completa: familiarità, pressione, glicemia, abitudini, attività fisica.
Poi consiglio tre esami chiave:
- elettrocardiogramma
- ecocardiogramma
- test da sforzo.
L’ECG evidenzia aritmie o ischemie.
L’eco mostra in tempo reale il movimento del cuore, la sua contrattilità, il funzionamento delle valvole.
Il test da sforzo valuta la risposta dell’apparato cardiovascolare sotto sforzo controllato: in presenza di fattori di rischio consiglio di eseguirlo a partire dai 40-50 anni.
Attenzione ai giovani sportivi
Attenzione anche ai giovani sportivi.
Patologie cardiache potenzialmente gravi possono colpire anche soggetti giovani e apparentemente sani.
Alterazioni all’ECG o anomalie ecocardiografiche richiedono sempre approfondimenti.
Nei casi dubbi, la risonanza magnetica cardiaca è lo strumento diagnostico più preciso.
In presenza di segnali sospetti, è fondamentale sospendere l’attività sportiva per consentire un periodo di osservazione e rivalutazione.
Il cuore non aspetta
Il cuore non aspetta. Lo scompenso non compare all’improvviso: è il risultato di anni di trascuratezza, ma può essere intercettato in tempo.
Abbiamo strumenti efficaci e accessibili.
La vera medicina è la prevenzione: controllarsi anche quando ci si sente bene.
Può letteralmente salvare la vita.