
Pubblicato il 02/09/2025
Neuroplasticità: come allenare il cervello a ogni età
Per decenni si è creduto che il cervello fosse un organo rigido, destinato a perdere lentamente le sue funzioni dopo l’età adulta.
Una convinzione superata, fortunatamente. Oggi la scienza ci dice esattamente l’opposto: il cervello è plasmabile, dinamico, adattabile.
È un organo vivo che cambia continuamente in base a come lo usiamo. Il cervello può creare nuove connessioni neurali, rafforzare quelle esistenti o eliminare quelle meno utilizzate. Questo fenomeno si chiama neuroplasticità ed è uno dei concetti più rivoluzionari della neuroscienza moderna.
La neuroplasticità è la capacità del sistema nervoso di modificare la propria struttura e funzione in risposta all’esperienza, all’apprendimento e all’ambiente. È il meccanismo che ci consente di imparare una nuova lingua, recuperare dopo un trauma, migliorare la memoria o cambiare un’abitudine. Ed è attiva per tutta la vita, non solo durante l’infanzia, come si pensava in passato.
Cosa accade nel cervello quando lo alleniamo?
Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, il cervello crea o rafforza connessioni tra i neuroni.
Queste connessioni si chiamano sinapsi e formano vere e proprie “reti neurali” specializzate.
Più ripetiamo un’azione, un pensiero, un comportamento, più quella rete diventa forte, veloce, automatica. È un po’ come tracciare un sentiero nella neve: la prima volta è faticoso, ma a forza di passaggi diventa una strada.
La neuroplasticità, però, funziona in entrambe le direzioni. Così come possiamo creare connessioni utili, possiamo anche indebolire quelle che non usiamo. Questo è il motivo per cui, con il tempo, dimentichiamo ciò che non pratichiamo o perdiamo abilità che non esercitiamo. Il cervello si adatta all’uso che ne facciamo. E se lo trattiamo come un muscolo, allora può essere allenato.
L’età non è un ostacolo, ma un’opportunità diversa
La plasticità cerebrale è massima nei primi anni di vita, quando il cervello è in fase di costruzione e le connessioni si formano a una velocità impressionante.
Ma ciò non significa che negli adulti o negli anziani la neuroplasticità si spenga. Al contrario, resta attiva per tutta la vita, anche se con tempi più lenti. Basta darle gli stimoli giusti.
A 30, 50 o 80 anni, il cervello può ancora apprendere, adattarsi, compensare perdite funzionali e sviluppare nuove strategie. I casi di recupero neurologico dopo ictus, i miglioramenti cognitivi legati a nuove attività o l’apprendimento di abilità anche in età avanzata ne sono la prova quotidiana. Il punto è non smettere mai di stimolare la mente.
Quali sono gli stimoli che potenziano la neuroplasticità e come migliorarla nella vita quotidiana?
Ci sono diverse strategie che possiamo adottare per stimolare la neuroplasticità e mantenere il cervello in forma, quali gli esercizi mentali e cognitivi, l’esercizio fisico, curiosità ed apprendimento continuo.
Le attività che coinvolgono apprendimento attivo, movimento, attenzione e novità sono le più efficaci.
Quando il cervello si confronta con qualcosa di nuovo – che sia uno strumento musicale, una lingua, una tecnica sportiva o una sfida logica – è costretto a costruire nuovi percorsi neurali. Anche la meditazione, ormai ampiamente studiata in ambito neuroscientifico, ha dimostrato di poter modificare l’attività cerebrale e migliorare la concentrazione, la memoria e la gestione dello stress.
Fondamentale è anche la ripetizione: non basta fare una cosa una volta, serve praticarla con costanza. La plasticità non si attiva con lo sforzo isolato, ma con l’impegno quotidiano, anche piccolo. Bastano pochi minuti al giorno per fare la differenza, purché siano dedicati a qualcosa di intenzionale e mentalmente sfidante.
Emozioni, memoria e cervello: un triangolo strettissimo
Un aspetto meno noto della neuroplasticità è il legame con le emozioni.
Le esperienze emotivamente significative lasciano tracce più profonde nel cervello.
Non è un caso se ricordiamo con chiarezza i momenti intensi della nostra vita: matrimoni, lutti, traumi, scelte importanti. Questo succede perché l’amigdala, la regione cerebrale che gestisce le emozioni, interagisce con l’ippocampo, che è il centro della memoria.
Ma le emozioni non influenzano solo il ricordo: condizionano anche l’apprendimento e la motivazione. Uno stato mentale positivo favorisce la curiosità e la voglia di esplorare, mentre stress e ansia cronica possono inibire la neuroplasticità, ridurre la flessibilità cognitiva e bloccare i processi di adattamento. Allenare il cervello significa quindi anche prendersi cura del proprio equilibrio emotivo, perché mente e corpo sono più intrecciati di quanto sembri.
Neuroplasticità e longevità cognitiva
In un mondo che invecchia, la domanda cruciale è: possiamo mantenere il cervello giovane?
La risposta è sì, in parte. Non possiamo evitare completamente il declino fisiologico, ma possiamo ritardarlo e ridurne l’impatto. Le persone che coltivano relazioni sociali attive, apprendono cose nuove, si muovono regolarmente e mantengono un’alimentazione sana mostrano una riduzione significativa del rischio di deterioramento cognitivo.
La neuroplasticità è la chiave della resilienza cerebrale, cioè della capacità del cervello di adattarsi anche in presenza di danni o malattie. Più connessioni creiamo in gioventù e in età adulta, più “riserva cognitiva” accumuliamo, e più siamo protetti in vecchiaia. Non è solo una questione genetica, ma di scelte quotidiane.
Pertanto, sebbene la plasticità cerebrale diminuisca con l’età, è ormai chiaro che il cervello umano non smette mai di imparare e di adattarsi a nuove situazioni e cambiamenti. Attraverso uno stile di vita sano, stimoli cognitivi costanti e la curiosità verso nuove esperienze, tutti possiamo sfruttare il potenziale della neuroplasticità per migliorare la nostra qualità di vita.