
Pubblicato il 11/08/2025
Perché aumentano le diagnosi di autismo
Negli ultimi vent’anni, il numero di diagnosi di disturbo dello spettro autistico (ASD) è cresciuto in modo significativo in tutto il mondo.
Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), oggi circa 1 bambino su 36 negli Stati Uniti riceve una diagnosi di autismo. In Italia, i dati dell’Istituto Superiore di Sanità parlano di circa 1 su 77, con una prevalenza quattro volte superiore nei maschi rispetto alle femmine.
L’ASD è una condizione neurologica che influisce sulla comunicazione, l’interazione sociale e i comportamenti. Le persone affette possono presentare difficoltà nel comprendere le emozioni altrui e nel comunicare, sia verbalmente che non verbalmente. Inoltre, possono manifestare comportamenti ripetitivi e interessi ristretti, difficoltà ad accettare cambiamenti e routine.
Ma a cosa è dovuto questo aumento? È segnale di un’“epidemia” o si tratta di un fenomeno statistico e sociale più complesso?
Cambiamenti nei criteri diagnostici
Uno dei motivi principali dell’aumento delle diagnosi è l’evoluzione dei criteri diagnostici nel tempo. Prima degli anni 2000, i manuali diagnostici come il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) descrivevano l’autismo in modo molto più ristretto.
Con l’introduzione del DSM-5 nel 2013, i diversi sottotipi (autismo classico, sindrome di Asperger, disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato) sono stati unificati sotto un’unica etichetta: disturbo dello spettro autistico. L’autismo pertanto è uno spettro, il che significa che le manifestazioni e la gravità dei sintomi variano notevolmente da persona a persona.
Questo ha permesso di riconoscere forme più lievi e sfumate, che in passato sarebbero sfuggite alla diagnosi.
Maggiore consapevolezza pubblica e sanitaria
Un altro fattore cruciale è l’aumento della consapevolezza tra genitori, insegnanti, pediatri e operatori sanitari. Oggi si conoscono meglio i segni precoci dell’autismo – come il contatto oculare ridotto, il linguaggio ritardato o comportamenti ripetitivi – e si tende a rivolgersi più rapidamente a specialisti per una valutazione.
Inoltre, molte scuole e servizi sociali richiedono una diagnosi ufficiale per accedere a programmi di supporto e sostegno. Questo può incentivare le famiglie a cercare una valutazione formale anche per sintomi lievi.
Migliore accesso ai servizi diagnostici
Negli ultimi decenni, sono aumentate le strutture specializzate in neuropsichiatria infantile, e molte regioni hanno attivato percorsi diagnostici pubblici. In passato, ottenere una diagnosi era più difficile e spesso richiedeva il ricorso al privato.
Oggi, anche grazie alla pressione delle associazioni di genitori e alla diffusione della cultura dell’inclusione, è più facile accedere a screening precoci e valutazioni neuropsichiatriche, anche per bambini molto piccoli.
Inclusione di fasce d’età diverse
Fino a qualche decennio fa, l’autismo era diagnosticato quasi esclusivamente in età prescolare. Oggi, invece, si assiste a un aumento delle diagnosi anche in adolescenti e adulti, soprattutto in persone ad alto funzionamento o con sindrome di Asperger, spesso rimaste invisibili al sistema per anni.
Ciò è particolarmente evidente nel caso delle donne, la cui sintomatologia è spesso meno evidente e più “camuffata”. Oggi molti professionisti stanno riconsiderando storie cliniche del passato, offrendo diagnosi tardive a persone adulte.
Fattori ambientali ed epigenetici
Oltre ai fattori “sociali” e “diagnostici”, alcuni studi suggeriscono un possibile coinvolgimento di fattori ambientali ed epigenetici. In particolare:
- l’aumento dell’età media dei genitori al concepimento;
- l’esposizione prenatale a sostanze inquinanti o farmaci;
- complicazioni in gravidanza o durante il parto.
Pertanto, non esiste una singola causa biologica che giustifichi l’incremento delle diagnosi. L’autismo ha sicuramente una base genetica significativa e la probabilità di sviluppare il disturbo aumenta se ci sono parenti autistici nella famiglia. I ricercatori hanno identificato diverse varianti genetiche che possono aumentare il rischio di autismo, alcune delle quali possono essere ereditate dai genitori, mentre altre possono verificarsi spontaneamente (de novo).
In virtù degli studi attualmente effettuati, la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che la tendenza crescente sia spiegata prevalentemente da fattori sociali, culturali e sanitari.
Meno stigma, più apertura
Infine, l’aumento delle diagnosi riflette anche un cambiamento culturale: lo stigma sull’autismo è diminuito. Sempre più famiglie parlano apertamente della diagnosi, anche sui social, e si è diffusa una narrazione più positiva legata alla neurodiversità.
Questo ha portato molti adulti a riconoscersi nei sintomi e a cercare una valutazione anche in età avanzata, contribuendo a far salire i numeri ufficiali.
Non c’è un’epidemia, ma una lettura più ampia
L’aumento delle diagnosi di autismo non significa necessariamente che ci siano più bambini autistici rispetto al passato, ma che oggi siamo più bravi a riconoscerli, fin da piccoli. L’associazione di fattori diagnostici, culturali, educativi e sanitari ha ampliato la nostra capacità di identificare il disturbo, in tutte le sue sfumature. La ricerca sull’autismo è in continua evoluzione e nuove scoperte potrebbero portare a una migliore comprensione delle cause e delle strategie di prevenzione.
In sintesi, ciò che stiamo osservando è una maggiore inclusione della diversità neurobiologica, e non una malattia in espansione. Un cambio di prospettiva che può aprire nuove strade di comprensione, accettazione e supporto.